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Zui yaoyuan de juli (The Most Distant Course)

Regia: Ling Jing-Jie

Taiwan 2007

Gran bella sorpresa l’opera prima vincitrice della Settimana della critica. Sospesa tra la delicatezza e il dolore dei ricordi e la poesia e la scoperta dei suoni della natura, The most distant course, del taiwanese Lin Jing-Jie, è il percorso di tre personaggi apertamente molto distanti l’uno dall’altro - un maturo psicologo, un esperto tecnico del suono e una giovane dolce ragazza sull’orlo del baratro dello sconforto e della solitudine – accomunati dalla necessità della dipartita e del distacco dal malessere della consuetudine dell’esistenza.

Sembra procedere con la precisione metrica di un appassionato sonetto lo svolgersi delle vite dei protagonisti, persi nella coscienza della solitudine alla quale sembrano categoricamente destinati. Tre vite destinate a sfiorarsi, intensamente, alla maggior distanza possibile, come riferisce programmaticamente il titolo. Una distanza di sicurezza, l’unica tollerabile per non ricadere nella disperazione verso cui conduce l’amore. Una distanza che fa incontrare inconsapevolmente le persone per qualche fortuito istante, così come accade ripetutamente per i protagonisti una volta intrapreso il loro viaggio verso le zone marine incontaminate della costa orientale dell’isola di Formosa (Taiwan), vicino alla città di Taidong. Un luogo ricco di suggestioni, capace di restituire ai tre solitari vagabondi una pace e una libertà dalla caustica oppressione dei laceranti legami sentimentali irrimediabilmente dissolti. 

The most distant course procede per attese e sospiri, fruscii e onde, seguendo lo sbobinarsi delle registrazioni dei nastri magnetici incisi dal ragazzo lungo il suo percorso alla ricerca di suoni che possano descrivere e aiutare a superare il suo turbamento amoroso. E’ questa centralità del suono la cifra stilistica del film e insieme il veicolo collante delle emozioni dei personaggi. I film si apre e si chiude con lo schermo nero e il persistere del rumore del mare. La ragazza chiude gli occhi e si insonorizza dall’esterno con i soli rumori della natura di Formosa. E poi i pianti e le risate, pregni di vivida tenerezza, semplici e condivisibili, protratti per quella durata indecifrabile stabilità dalle passioni. Impeccabile e memorabile il finale - del film e al tempo stesso della ricerca e del viaggio – con i due ragazzi a pochi metri di distanza, e il loro sguardo rivolto all’orizzonte del mare, il cielo nuvoloso e un accennato sorriso. Poi il nero, il suono flebile della voce di una cantante accompagnata dal vento, e la certezza che solo il percorso più lungo conduce al punto di partenza.

Un film rigoroso per la forte valenza formale della rappresentazione, caratterizzata da una costruzione non banale ed esemplificativa, e una visione tendenzialmente antinaturalistica tesa a mostrare una realtà seducente ma spiazzante, senza l’ausilio di immagini laccate o patetismi di apprensione.

Non poco per un esordio.

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