Trieste: East West East, di Gjergj Xhuvani
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Trieste è indissolubilmente legata alla transitorietà del passaggio, dell’occasione, all’instabilità emotiva della non appartenenza preconfigurata a una terra e una cultura. Trieste, nella sua predeterminazione geografica, costituisce un limite fisico che spinge al raffronto con il concetto di limite che inevitabilmente alberga in ognuno di noi. E per questo Trieste è veicolo fautore e contenitore di visioni prediletto per tutto quanto si trovi al di là della sua sponda, vòlto verso oriente.
Trieste è spesso un approdo momentaneo, la monetina della sorte in grado di determinare il destino di qualcuno. E così Trieste è diventata il momento conclusivo del percorso produttivo del film East West East dell’albanese Gjergj Xhuvani. Da qui in poi infatti parte l’esistenza del film, che è prima di tutto una scommessa produttiva che travalica i precari confini di una nazione cinematograficamente sconosciuta. Un progetto che racchiude già nell'idea la possibilità di descrivere un sentimento comune di crescita e speranza, e di dolore per un passato ancora vivissimo: “Volevo raccontare di quegli anni non facili il piacere per l’ingenuità dei miei fratelli albanesi, il loro sconosciuto eroismo, la flebile voce delle loro ragioni, il disturbo della tenacia che non si arrende all’ostilità generale, i sogni di scaltrezza,i sorrisi che illuminano il buio, l’ostico studio di regole nuove, la loro enorme vogliosa gioiosa fatica di campare”.
Gli anni sono quelli dello sconvolgimento politico che portò al ripristino della democrazia, dal 1990 in poi, anni in cui l’Albania visse un lacerante periodo di povertà nello stato di totale isolamento dal resto del mondo in cui si trovava. Il film concretizza quel sogno irrealizzato di fuga da quella realtà da parte di un gruppo di ciclisti incaricati dal Governo di rappresentare la loro nazione a una corsa dilettantistica in Francia. Dice il regista e sceneggiatore: “Ho creato una squadra di improvvisati ma determinati corridori, li ho lanciati nell’eldorado dell’Ovest e riportati nell’orgoglio dell’Est, in tempo per conoscere i nuovi punti cardinali che il mondo si dava abbattendo gli ultimi odiosi muri”.
Per Xhuvani la competizione ciclistica riesce a rappresentare tutta la forza e la determinazione di una Nazione ad affrontare la crisi: “Ritta sui pedali, l’Albania ha combattuto una sfida impossibile, senza pubblico ad incitarla, su strade spesso sbarrate, gettando in campo la sua fame disordinata contro avversari ipernutriti, giocando i trucchi dei gregari oscuri, vincendo qualche tappa e non ancora la corsa”.
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E Trieste mut(u)a le aspettative dentro e fuori dal film, facendosi cardine di svolta per il futuro sia dei personaggi dell’immaginazione, sia per tutti coloro che lavorano e credono a quest’immaginazione. Dal porto triestino parte l’invito per l’Italia e l’Occidente ad accogliere questa sfida che acquisirà forma finita e divulgativa entro la fine dell’anno. Con il desiderio di poter godere forse prima di una presentazione internazionale al festival di Berlino - non a caso anch’essa città limen.
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Il vero traguardo sarà poi - come sottolinea il produttore della Fast Rewind Francesco Tagliabue - la distribuzione nelle città del nostro paese, sempre più ostile e diffidente verso l’altro, il nuovo, e sconosciuto, ben rappresentato da tutto ciò che sta al di là dell’Adriatico e del Mediterraneo, e sempre più carente del coraggio di quelle uniche sale cinematografiche disposte a rischiare di andare oltre la sicurezza del solito circuito commerciale.