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What You Gonna Do When the World’s on Fire?

Regia: Roberto Minervini

Italia, Usa, Francia 2018

New Orleans, 2017: Judy cerca di salvare il suo bar nel quartiere nero di Tremé, nonostante i proprietari lo vogliano far chiudere; due fratellini cercano il giusto modo di crescere, aiutati dalla madre che vuole tenerli lontani dalla strada e dai guai che facilmente si abbattono sulle vite dei giovani di colore; i militanti del Nuovo Partito delle Pantere Nere per l’Autodifesa cercano giustizia per le vittime di omicidi a sfondo razziale, a partire da Alton Sterling freddato l’anno prima da due poliziotti bianchi.

 

L’ultimo documentario di Roberto Minervini si pone già dal titolo come un’incisiva interrogazione aperta al mondo. Un quesito di certo non retorico e di difficile manipolazione, che tra le mani del regista marchigiano ormai trapiantato in America, cerca una modellazione, una messa in forma che diviene prima di tutto una voce fortissima, quella della comunità afroamericana di New Orleans, relegata per sua natura a una marginalità, a una schiavitù, a un’inconsistenza fisica e ideologica dal dominio e dal potere bianco. E per quanto incredibile possa sembrare, la questione è ancora più viva che mai, rigenerata da da un nuovo presidente degli Stati Uniti certo, che altro non è che l’espressione di un riflusso di intolleranza, razzismo, classismo, sessissmo, odio e violenza che impregna una popolazione eviscerata di consistenza morale critica e di osservazione naturalistica dell’essere umano non incentrato nella sua fragile individualità. L’attenzione di Minervini è tutta in favore di uomini, donne, ragazzi costretti a subire una recrudescenza di discriminazione che è sempre stata lì, sotto la cenere, a covare rancore senza senso e rabbia senza giustificazione: “la mia attenzione è sempre rivolta verso le cose che conosco meno e che vedo meno. Per me il cinema è un processo di apprendimento, non di insegnamento, e quindi vado lì dove ho delle lacune da colmare. Come bianco europeo ho sentito la responsabilità di portare alla luce quello che non conosco e non si conosce."  

 

Grazie a What You Gonna Do When the World’s on Fire? non possiamo più non conoscere, non vedere i corpi di chi cerca, nonostante tutto, ancora di lottare e sopravvivere ai colpi della polizia (nel primo quadrimestre del 2018 i neri giustiziati dalla polizia sono stati 69), e non sentire le voci di chi tenta di affrancarsi da quell’angolo di marginalità in cui la società perbenista e sfruttatrice dalle teste ricoperte dai cappucci bianchi del Ku Klux Klan (che apprendiamo essere rinato, o forse mai morto, ma ovviamente non vediamo mai) ha disposto che possano essere accantonate le minoranze. 

 

E’ una questione di colore, legata all’idea sempiterna di razza e alle sfumature che può prendere la pelle, e appare così come un valore aggiunto, o una scelta obbligata, la decisione di desaturare l’immagine e lavorare solamente sulle tonalità di un bianco e nero accecante e incisivo, in cui è esaltato il contrasto diretto dei toni opposti. In questo modo le storie virano su di un piano ancora più strettamente politico e meno documentaristico. Il cinema del reale progredisce verso una drammaturgia che esaspera la realtà per donarle la giusta connotazione, restituendole il dolore e il valore che l’apparente normalità di una documentazione televisiva finirebbe per necrotizzare. 

 

Minervini riduce all’osso il contesto ambientale in cui sono costretti i suoi protagonisti, perché la questione, prima di tutto, non è di una città, o della Louisiana, ma di una nazione intera. Una nazione che è un riferimento per il mondo. L’occhio della macchina da presa si stringe sui volti, e li fissa celando il disappunto, per far emergere la sofferenza, la stanchezza, l’incredulità. E le parole. Le parole di dialoghi interrotti e gridati, sommessi e sgraziati. Ripetuti come un mantra che incide la profondità dell’animo, la forza di una comunità, di un popolo. 

Il “Black Power” è più di un’immagine, più di una parola, più di un gruppo di persone che si radunano per far udire la loro presenza: è il profondo desiderio di liberarsi di un giogo atavico che stringe la gola come una tenaglia e che estingue le infinite potenzialità della voce e delle idee. "Adesso, a più un anno di distanza dalla fine della mia esperienza full immersion nei meandri della Black America, con la premiere di What You Gonna Do When The World’s On Fire? oramai alle porte, sento di aver capito qualcosa in più riguardo alla lotta per la sopravvivenza – della specie, della cultura, e della legacy afroamericana – che Krystal e le Black Panthers, Judy, Miss Dorothy e gli altri personaggi del film portano avanti quotidianamente. Una lotta che trova una sua ragion d’essere nell’iniquità dell’apparato giudiziario americano e della narrazione storica dei neri d’America."

La forza del film è la forza dell’affetto. Senza volontà di offrire soluzioni, lo sguardo di Minervini è un’apertura di fiducia e complicità verso i rapporti umani. Un’occasione da cogliere per sperimentare davvero il potere nero. 

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